Il prediabete è causa di maggiore probabilità di malattie cardiache: una ricerca scientifica lo conferma

Secondo le ultime stime, in Italia il prediabete colpisce circa il 15% delle persone. È una condizione in cui chi ne soffre ha livelli di glucosio nel sangue superiori alla norma (tra 100 e 125 mg/dL), ma non troppo elevati da caratterizzare una forma conclamata di diabete.

Al prediabete non è solo associato un alterato metabolismo del glucosio ma secondo un recente e ampio studio retrospettivo presentato all’American College of Cardiology 2021, anche un rischio elevato di eventi cardiovascolari avversi maggiori.

Uno studio importante che conferma ancora una volta l’importanza della prevenzione e il monitoraggio dei nostri valori.

Ma cosa ci dice in più la ricerca? Andiamo ad approfondirla insieme.

PREDIABETE E CUORE: I DATI DELLA RICERCA

L’oggetto dello studio retrospettivo, tenutosi all’interno del Beaumont Health System nel Michigan, ha incluso i dati di 25.829 pazienti che, tra il 2006 e il 2020, hanno svolto visite, cure e periodici controlli di routine. Di questi un totale di 12.691 e 13.138 pazienti sono stati inclusi rispettivamente nei gruppi prediabete e di controllo.

In 14 anni di ricerca, i dati raccolti dei partecipanti con un’età compresa tra i 18 e 104 anni, ha dato significativi spunti di riflessione:

  • La relazione tra prediabete ed eventi cardiaci era più forte trai maschi e tra le persone con una storia familiare di malattie cardiovascolari;
  • Eventi avversi cardiaci si sono verificati nel 18% delle persone con prediabete rispetto all’11% delle persone con normali livelli glicemici in una media di cinque anni di follow-up;
  • Il tasso più alto di eventi avversi cardiaci è stato osservato nei pazienti con diabete (23%), che è un fattore di rischio ben noto per gli esiti cardiovascolari avversi;
  • Le persone in sovrappeso avevano invece i più alti tassi di eventi cardiovascolari, addirittura superiori ai pazienti obesi.

Secondo Adrian Michel, residente in medicina interna al Beaumont Health di Royal Oak, quest’ultimo è un dato che spinge a maggiori riflessioni, affermando sicuramente che dovrà essere oggetto di approfondimento in futuro per trovare nuove correlazioni e conferme.


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E I PAZIENTI CON LIVELLI GLICEMICI NORMALIZZATI NEL TEMPO?

Nel corso degli anni tanti sono stati i pazienti che hanno prevenuto e curato il prediabete. Sono proprio questi i dati che destano maggiore preoccupazione: anche quando i pazienti nel gruppo prediabete sono stati in grado di normalizzare il livello di glicemia nel tempo, il rischio di avere un evento cardiovascolare era ancora piuttosto alto. Infatti, prosegue lo studio, gli eventi si sono verificati in poco più del 10,5% di questi pazienti rispetto al 6% di quelli senza diabete o prediabete.

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Secondo Adrian Michel “anche se i livelli di zucchero nel sangue erano tornati alla normalità, non era davvero cambiato il loro rischio più elevato di avere un evento: quindi prevenire il prediabete dall’inizio potrebbe essere l’approccio migliore”


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PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE: L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE

Riguardo alle motivazioni per spiegare il maggior rischio di eventi avversi cardiaci nei pazienti con prediabete, Michel ha indicato i processi infiammatori stimolati dalla condizione, facendo notare che alcuni dei biomarcatori infiammatori elevati nel diabete hanno anche dimostrato di essere più alti nel prediabete. Le infiammazioni all’interno dei vasi sanguigni provocano un loro progressivo restringimento e danneggiamento responsabile a sua volta delle lesioni cardiovascolari.

I dati estrapolati da questo ampio studio, infine, non possono che diventare un campanello d’allarme per medici e pazienti con l’obiettivo di intervenire in tempo e prevenire il prediabete. Infatti, continuando con le parole di Michel, “invece di prevenire il diabete, dobbiamo spostare l’attenzione e prevenire il prediabete”.

I risultati dello studio sono un importante promemoria per gli adulti di conoscere i loro valori glicemici, soprattutto perché il prediabete di solito non ha sintomi e non è semplice riconoscerlo.


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